venerdì 27 dicembre 2013

La ricerca del profitto come forma più alta della carità cristiana

La ricerca del profitto come forma più alta... - Riccardo Mariani:

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La povertà evangelica e il borghese.

Come riconciliare povertà e società borghese? Non ci sono che due modi:

1) il taglio di Tosato: parte del Vangelo va abbandonata come superata. Il "beati i poveri" va trattato come "stia la donna sottomessa all' uomo".

2) La "povertà" va reinterpretata come "disonestà". Nelle società primitive ci si arricchiva smisuratamente solo tramite rapina e la mentalità corrente identificava la ricchezza diseguale come un segnale di disonestà e prepotenza. Oggi non è più così. Dobbiamo prenderne atto aggiornando l' ermeneutica evangelica.

Aggiungo una terza via: la povertà evangelica è povertà di spirito, ovvero umiltà.

Questa terza via è promettente e risponde a chi obbietta: come mai la Chiesa fa assurgere la povertà a valore e non lotta per un mondo più povero?

La Chiesa in effetti auspica un mondo più ricco non più povero. In effetti arricchendosi correttamente si fa anche del bene, come insegna l' economia.

Ebbene, questo atteggiamento apparentemente assurdo si ricompone facilmente se assumiamo che povertà = povertà di spirito. La povertà di spirito infatti annienta l' invidia che - come ci spiegano gli psicologi evoluzionisti - è il fattore principale di infelicità nel mondo ricco. Noi sappiamo da tempo che la ricchezza non porta automaticamente felicità (paradosso di Easterline), ma sappiamo anche cosa occorre per ristabilire un saldo legame tra le due variabili, serve una maggiore "povertà di spirito", ovvero: serve più umiltà, ovvero: serve vaccinarsi contro l' invidia. In questo modo auspicare un mondo più ricco e più umile non solo è compatibile con l' azione della Chiesa ma è anche la ricetta più razionale per il non credente.